Dott.ssa Benedetta Mulas
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È ormai risaputo quanto l’attività fisica faccia bene alla salute individuale. Anni e anni di letteratura scientifica ci hanno permesso di appurare i numerosi benefici che quest’ultima apporta sul benessere personale, dal miglioramento della circolazione sanguigna e dei tessuti, passando per i molteplici vantaggi che esercita a livello psicologico.
Eppure in alcuni casi lo sport assume una veste estrema e viene praticato a livelli così intensi da annientare gli infiniti benefici ad esso associati, come accade nella cosiddetta Overtraining syndrome.
Caratteristiche della sindrome da Overtraining
L’Overtraining syndrome, in italiano Sindrome da Sovrallenamento, si riferisce a una precisa condizione che interessa le componenti fisiche, emotive e comportamentali. Tale condizione è causata da un’eccessiva attività fisica che supera le capacità di recupero della persona. In questo caso il volume, l’intensità e la frequenza dell’esercizio fisico vanno oltre la possibilità di ricalibrare le energie individuali provocando l’effetto opposto di quanto avviene a seguito di allenamenti ben pianificati. Nella sindrome da Overtraining l’attività fisica non viene associata alle opportune pause tra un allenamento e l’altro. Ciò provoca una disfunzione del sistema neuro endocrino a livello ipotalamico che rende necessario un ampio periodo di recupero lontano da ogni genere di attività sportiva.
I sintomi dell’Overtraining syndrome (OTS) interessano la sfera fisiologica e psicologica. Nel primo caso, tra gli effetti più comuni legati al sovrallenamento, rientrano la cefalea, disturbi a livello gastrointestinale tra cui nausea, dolori muscolari, aumento della frequenza respiratoria e, nel caso del genere femminile, si possono riscontrare improvvise interruzioni del ciclo mestruale. Gli effetti del sovrallenamento possono incidere anche sul sonno e l’alimentazione, con sintomi quali l’insonnia, la perdita di appetito o di peso.
A livello psicologico la persona può sperimentare effetti a breve e lungo termine quali uno stato d’animo caratterizzato da tristezza, apatia e instabilità emotiva, oltre ad atteggiamenti rinunciatari correlati alla perdita della motivazione ad allenarsi di nuovo. La sindrome da Overtraining influenza fortemente la sfera cognitiva, causando difficoltà di concentrazione e frequenti distrazioni non solo durante gli allenamenti, ma anche negli altri contesti di vita.
Tutti questi effetti a loro volta influiscono sul versante della prestazione: la persona non riesce a raggiungere i risultati ottenuti in passato e ciò non fa che aumentare il senso di insoddisfazione e bassa autoefficacia percepita correlati all’attività sportiva. Allo stesso tempo le condizioni fisiologiche legate a un corpo debilitato a causa dello sforzo eccessivo lo pongono in una situazione di stallo forzato particolarmente temuta dagli sportivi. Nella sindrome da Overtraining l’abuso protratto dell’attività sportiva prende spesso la forma di atti compulsivi che intravedono nell’allenamento una soluzione in grado di alleviare la tensione psichica, attivando meccanismi analoghi alla dipendenza da sport che andrebbero evidenziati e contenuti quanto prima.
Differenze con la dipendenza da sport
La sindrome da Overtraining presenta indubbiamente forti somiglianze con la dipendenza da sport, considerato che ruotano entrambe attorno a un allenamento fisico eccessivo. Quest’ultima rientra nelle cosiddette “new addiction”: ovvero comportamenti di dipendenza che, a differenza di quanto avviene nei soggetti che consumano sostanze psicoattive, orientano la loro attenzione esclusivamente o primariamente sull’attività sportiva. Può sembrare meno grave ma di fatto la dipendenza da sport agisce sulla base degli stessi meccanismi psicologici della tossicodipendenza, con la differenza che mentre quest’ultima non è socialmente accettata, gli effetti della prima trovano spesso un rinforzo esterno attraverso i giudizi positivi espressi da chi ci circonda (ad esempio tramite complimenti per la forma fisica, la gestione del peso corporeo, ecc.). Questo tipo di dipendenza può essere di tipo primario, se improntato esclusivamente sull’attività sportiva, o secondario rispetto a disturbi dell’alimentazione come l’Anoressia Nervosa e la Bulimia.
Nella dipendenza da sport l’attività fisica diventa quindi il polo principale intorno al quale ruota l’intera esistenza del soggetto, influenzando fortemente il suo funzionamento nelle aree sociali e lavorative. Gli effetti sono quindi più pervasivi rispetto alla sindrome da Overtraining, nella quale l’abuso avviene solo a livello quantitativo. Inoltre nel caso della dipendenza da sport la persona tende a sperimentare sintomi di astinenza nei casi in cui si trova impossibilitata a sfogare le proprie compulsioni in palestra o altro luogo.
I sintomi di astinenza sono associati al costante desiderio e a tentativi infruttuosi di controllare o ridurre l’attività fisica praticata. Se da un lato lo sport aiuta ad alleviare i sintomi di ansia e depressione, dall’altro il suo “potere curativo” può assumere forme che, al pari di un vero e proprio farmaco, scatenano importanti controindicazioni fino ad arrivare al craving tipico di altre forme di dipendenza.
Prevenzione o intervento?
La sindrome da Overtraining è spesso sottovalutata e ciò rende difficile individuarne la presenza nella popolazione sportiva. Gli psicologi dello sport offrono importanti strumenti per affrontare gli effetti del sovrallenamento agendo su due fronti: quello della prevenzione e dell’intervento.
Nel primo caso l’obiettivo è quello di assumere un atteggiamento più calibrato nei confronti dell’attività sportiva, che troppo spesso viene esaltata per i vantaggi che può apportare a livello di aspetto esteriore a discapito della salute. Non di rado, infatti, nella popolazione sportiva gli allenamenti sono volti a ottenere specifici risultati misurabili a livello fisiologico come raggiungere un determinato peso o un dato equilibrio tra massa magra e grassa.
Oltre a ricalibrare gli obiettivi prefissati in un’ottica più orientata al benessere, è importante operare anche in età evolutiva attraverso interventi di educazione allo sport da attuare nel contesto scolastico. Anche in questo caso è fondamentale pianificare interventi di tipo multidisciplinare che coinvolgano figure professionali provenienti da vari ambiti.
Ovviamente l’allenatore sportivo riveste un ruolo fondamentale, intervenendo con appositi programmi in grado di riequilibrare le fasi di attività sportiva intensa con quelle di riposo. Lo stesso vale per fronteggiare i sintomi del sovrallenamento, proponendo un piano graduale di esercizi da svolgere dopo il periodo di stop per recuperare al meglio le energie e prevenire eventuali ricadute. Parallelamente la persona lavorerà assieme allo psicoterapeuta per comprendere le dinamiche alla base della sindrome da Overtraining, imparando a incanalare le proprie energie nell’attività sportiva senza trasformarla in un atto compulsivo e/o disfunzionale. Non di meno, attraverso il percorso psicoterapeutico la persona impara a ridimensionare le proprie aspettative e a ridefinire tratti che spesso tendono a ideali perfezionistici che si estendono anche all’ambito sportivo. Infine, il terapeuta accompagna l’atleta nella fase del riposo funzionale aiutandolo a reinterpretare questo periodo di pausa, troppo spesso considerato come uno stop obbligato e quindi causa di sensi di colpa, rabbia e frustrazione, nonché a contenere le emozioni negative associate.
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