Dott.ssa Benedetta Mulas
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Quando parliamo di sindrome da acquisto compulsivo ci riferiamo alla tendenza ad acquistare oggetti in realtà privi di valore personale o pratico, mossa da un impulso irrefrenabile che la persona sperimenta come qualcosa di cui non può fare a meno. Quest’ultima continua a ripetere tale azione nel corso del tempo nonostante le terribili conseguenze finanziarie e gli effetti negativi che lo shopping compulsivo esercita sul proprio stato d’animo e su quello di chi la circonda, spesso devastandola a livello relazionale.
Sintomi tipici ed elementi in comune con altri disturbi
La sindrome da acquisto compulsivo è stata descritta per la prima volta dallo psichiatra tedesco Emil Kraepelin che la definì oniomania, dal greco onios “in vendita” e mania “follia”. I sintomi tipici si ripetono in maniera ciclica, dando vita a una sequenza più o meno uniforme che solitamente inizia con la sperimentazione di emozioni negative e stati d’ansia associati alla tentazione di compiere nuovi acquisti allo scopo di allentare la tensione.
Successivamente si passa alla fase della pianificazione, in cui la persona programma in quali negozi recarsi e quali modalità di pagamento utilizzare, seguita dal terzo step: quello del vero e proprio acquisto. L’atto del comprare solitamente è motivato da un’attivazione interiore simile a quella che sperimentano individui con problemi di tossicodipendenza e può essere paragonato a una vera e propria eccitazione simile a quella alla base degli impulsi sessuali. Proprio come accade a seguito del consumo di sostanze o nei casi di disturbi da dipendenze comportamentali, i momenti che seguono l’acquisto abbandonano emozioni positive e gli stati eccitatori correlati e vengono sostituiti da senso di colpa, frustrazione ed altre emozioni negative. Tutto questo porta la persona a sperimentare inevitabili conseguenze che influenzano vari ambiti della propria vita, dal benessere psichico a quello prettamente economico.
Un’altra importante caratteristica della sindrome da acquisto compulsivo è che questo genere di disturbo può essere facilmente trascurato e/o mascherato in fase iniziale. Come accade nelle dipendenze senza sostanza, infatti, l’atto del comprare di per sé non rappresenta un atto disfunzionale e non è semplice tracciare un confine netto tra il semplice shopping non finalizzato e la natura compulsiva di questa sindrome. È proprio in base a questa peculiarità che lo shopping compulsivo viene associato ai Disturbi dello Spettro Ossessivo Compulsivo.
Oltre alle somiglianze con i Disturbi da Addiction, la sindrome da acquisto compulsivo presenta anche forti elementi in comune con il Disturbo Bipolare, primo tra tutti l’elevato stato di attivazione fisiologica che accompagna la persona durante l’acquisto. Tuttavia la prima non rientra prettamente nella categoria dei Disturbi dell’Umore in quanto l’atto del comprare non avviene esclusivamente durante le fasi di mania o ipomania.
Al giorno d’oggi, inoltre, l’impulso irrefrenabile ad acquistare nuovi beni anche con costi molto superiori rispetto alle proprie disponibilità non sfocia solo in azioni eseguite all’esterno, presso negozi o centri commerciali, ma spesso viene incanalata nello shopping online. In questo caso le conseguenze si riversano tanto sul sistema familiare, che faticherà a monitorarne i comportamenti d’acquisto, quanto sul diretto interessato in quanto l’acquisto online presenta le stesse caratteristiche di immediatezza tipiche dei comportamenti compulsivi e impulsivi, incluso la possibilità di comprare in modo automatico, anonimo e senza neanche mettere mano al portafogli.
Cause e trattamento della Sindrome da acquisto compulsivo
Attualmente sono in corso una serie di ricerche che hanno il fine di approfondire l’origine della Sindrome da Acquisto Compulsivo. Malgrado la natura recente degli studi su questo disturbo, alcuni autori tra cui Dittmar ritengono che le cause siano in buona parte da rintracciare nel contesto sociale caratterizzato dalla cosiddetta “cultura del consumo”, ovvero la tendenza ad acquistare oggetti in realtà poco funzionali per ottenere un riconoscimento sociale e/o fuggire dal giudizio altrui.
Non c’è da sorprendersi se al giorno d’oggi la maggior parte delle aziende investe proprio su questa spinta sociale, unita alla costante ricerca di prodotti e piani di marketing in grado di accendere tutti i sensi e fornire ai potenziali clienti non solo un prodotto, ma una vera e propria esperienza di acquisto che in alcuni casi arriva ad influenzare addirittura la sfera identitaria. Per farlo le imprese commerciali puntano però non solo alla sfera sociale, ma soprattutto a quella individuale.
Molti autori si sono interrogati sulle cause personali della sindrome da acquisto compulsivo. La maggior parte concorda nel ritenere che lo shopping possiede una funzione strumentale che aiuta la persona a distaccarsi da una situazione di disagio esterna, ad esempio relativa all’ambito familiare o affettivo. In questo modo le offre quindi uno spazio di evasione dalla realtà e dalle emozioni negative ad essa associate. Oltre alla presenza di problematiche relative alla disregolazione delle emozioni, le cause dello shopping compulsivo potrebbero essere rintracciate nel tentativo di colmare un vuoto affettivo con comportamenti che regalano una gratificazione iniziale, nonostante gli effetti secondari negativi.
Secondo altri autori come Faber e O’Guinn le cause possono essere rintracciate in età infantile e ciò vale soprattutto per coloro che sono cresciuti in un clima familiare freddo ed emotivamente distaccato. Secondo questi ultimi le figure primarie sono spesso rappresentate da padri assenti anche fisicamente, spesso per motivi lavorativi e madri intrusive che lasciano poco spazio all’espressione del sé. In tale ottica la mancanza di una gratificazione affettiva potrebbe sfociare in un senso di insoddisfazione che la persona colma, attraverso l’acquisto, per colmare il divario tra il sé reale e il sé ideale.
Ad ogni modo è importante ricordare che ogni individuo è un mondo a parte e pertanto può arrivare a sviluppare comportamenti come quelli tipici della sindrome da acquisto compulsivo per svariate ragioni. Attraverso la psicoterapia la persona può iniziare un lavoro su sé stessa e scoprire le cause che l’hanno personalmente spinta a prendere una data direzione.
Il lavoro sinergico con il terapeuta consente di individuare l’origine del disturbo, che come abbiamo visto in alcuni casi presenta cause di tipo affettivo. La persona impara così a riconoscere e validare le proprie lacune e ad abbandonare i comportamenti disfunzionali, per riempirle con azioni più sane e recuperare relazioni che spesso questo tipo di disturbo può mettere a dura prova.
Allo stesso tempo il terapeuta lavora sulla rappresentazione interna del paziente relativa al sé reale e sé ideale, aiutandolo a rielaborare tale visione in un’ottica più funzionale e mettendo in discussione eventuali distorsioni cognitive.
Un altro importante traguardo su cui lavorare all’interno del percorso psicoterapico riguarda il superamento della disregolazione emotiva. In tale fase terapeuta e paziente lavorano insieme per risolvere le difficoltà legate all’identificare, comprendere le funzionalità ed esprimere correttamente ciò che la persona prova.
Infine, anche in questo caso viene inoltre valutata l’eventuale comorbilità, ovvero la compresenza di altri disturbi come quelli della sfera dell’ansia e dell’umore. Questi ultimi possono comparire primariamente o secondariamente rispetto alla sindrome da acquisto compulsivo ma vanno in entrambi i casi trattati per aiutare il paziente a ripristinare un equilibrio psicofisico, in alcuni casi con l’ausilio di terapie farmacologiche.
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