Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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La resistenza al cambiamento in psicoterapia

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Per resistenza al cambiamento si intendono tutti quei meccanismi mesi in atto da un soggetto, in modo consapevole o meno, che non permettono di apportare modifiche sostanziali al progresso di crescita personale. Può configurarsi come una mera fase del processo evolutivo, anche all’interno del percorso terapeutico, propedeutica all’ottenimento del risultato finale, o, in altri casi, come una condizione ostacolante che mira a giustificarne o motivarne l’impossibilità, determinandone di fatto il fallimento.

L’ambivalenza del timore nel desiderio di cambiare: mezzo o ostacolo?

È necessaria l’osservazione e la catalogazione dei moventi che sembrano allontanare il tanto agognato (o tanto respinto) processo di cambiamento personale per poter stabilire quale dinamica poter mettere in atto per contrastarla. Se in una prima fase il timore può rappresentare uno stato emotivo consequenziale alla presa di coscienza della propria condizione che permetterebbe poi di passare all’azione, in altri casi la titubanza o l’estraneità perpetuate acquistano un valore ambivalente più determinante. Gli elementi impattanti trovano origine in un sistema di false credenze o pensieri critici generati da uno stato emotivo di paura o ansia interni. Talvolta questi ultimi sono coadiuvati dal contesto familiare e sociale e possono intaccare in modo rilevante la percezione personale e il grado di successo al cambiamento. Il minimo comun denominatore a tutti gli elementi di avversione rimane un’innata condizione di omeostasi intrinseca dell’essere umano. Non a caso, in biologia l’omeostasi indica l’attitudine degli esseri viventi, siano essi umani, animali o cellule, a controbilanciare dall’interno cambiamenti esterni per tornare alla propria condizione di origine fisiologica. Una necessità di adattamento quindi assolutamente naturale che ne giustifica in parte la difficoltà. Ciò accade in quanto mettere fortemente in dubbio l’intero apparato modifica in modo più o meno sostanziale la struttura della persona, la quale anche se in modo disfunzionale, aveva trovato con non pochi sacrifici un suo equilibrio interno. Tuttavia, se l’adattamento chiede al soggetto di intraprendere un cammino già segnalato, per quanto tortuoso, per raggiungere una meta già segnalata, il cambiamento necessita di una forte apertura verso l’esterno che implica l’abbandono di stili cognitivi già sperimentati per abbracciare nuovi sistemi di elaborazione autocritica.

Gli alibi e le difficoltà nella resistenza

Lo stato di paura può svilupparsi attraverso diversi parametri in grado di stabilire o per lo meno influenzare la percentuale di successo a breve o lungo termine. Può essere utile domandarsi quindi quali siano i fattori che determinano una battuta d’arresto, primi fra tutti la semplice paura nello spingersi oltre la propria zona di comfort per esplorare l’ignoto, abbandonando un porto non sempre ospitale ma senza dubbio conosciuto e quindi più sicuro. Un altro elemento invalidante può essere rappresentato dall’auto-boicottaggio che l’individuo mette in atto contro sé stesso, come testimonia anche la sindrome del sopravvissuto in cui il pensare di non meritarsi una seconda possibilità scatena la messa in atto di strategie che portano inevitabilmente al fallimento del progetto. Elemento ostacolante può essere anche la difficoltà cognitiva nel non accettare il bisogno di cambiare, percezione falsamente rassicuratrice ma senza dubbio gambizzante per qualsivoglia cambiamento; o ancora l’attaccamento alle proprie abitudini, la scarsa motivazione, il non accettare possibili (quanto naturali) ricadute durante il processo di crescita che confermerebbero al soggetto l’impossibilità di riuscita: credenza che può causare il ritorno della condizione iniziale, giustificata dal tentativo già attuato al fine di contrastare il senso di colpa.

L’importanza dell’alleanza terapeutica nella contro resistenza

L’abbandono di strategie interiorizzate nella propria storia di vita non è certo un sistema semplice da smantellare.

Il continuo ripetere e validare le motivazioni che non permettono di andare avanti può rappresentare un pretesto con sé stessi e verso gli altri. Più in particolare, l’avversione al cambiamento può convertirsi in una lama a doppio taglio anche nel confronto con gli altri: la resistenza di una persona davanti ad un forte timore di cambiare può portare l’interlocutore a fossilizzarsi a sua volta su altri elementi di risposta, innescando così un sistema comunicativo vizioso e senza via d’uscita: come due linee parallele senza un punto d’incontro e quindi di risoluzione. In tale senso la psicoterapia può rappresentare un efficace strumento per la persona in quanto, invece di rispondere con un’ulteriore resistenza, consente di costruire un sistema di contro resistenza capace di focalizzare la comunicazione su altri canali espressivi.

L’individuo che usa o giustifica la sua difficoltà nell’abbandonare determinate abitudini potrà, tramite l’alleanza terapeutica, acquisire una maggiore consapevolezza delle ragioni che non gli permettono di andare oltre, così come dei suoi strumenti, spesso non del tutto palesi. Il cambiamento può rappresentare la conditio sine qua non per eccellenza della prima fase delle sedute in cui la persona mostra difficoltà nel constatare il bisogno che ha nell’abbracciare altri processi mentali e nuove abitudini. Si tratta di una condizione ambivalente che lo psicologo deve saper accettare proprio come il soggetto, attraverso uno spiccato senso empatico accompagnato da tecniche comunicative in grado di destrutturare la visione disfunzionale della sua realtà. Le tecniche terapeutiche messe in atto mirano alla risoluzione del problema attraverso canali comunicativi e processi di elaborazione critici prima non conosciuti dal soggetto, che aiutano ad affrontare lo stesso problema ma da un punto di vista più funzionale al suo superamento.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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