Dott.ssa Benedetta Mulas
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Oggetto di numerosi studi nel campo psicologico e antropologico, il pensiero magico rappresenta una forma di interpretazione di stimoli esterni ed interni che sfugge alla logica tradizionale. Ciò nonostante, tale forma di pensiero può essere categorizzata come un’importante risorsa individuale che accompagna l’individuo dallo stadio infantile all’età adulta.
Caratteristiche e fattori causali del pensiero magico
È sufficiente osservare un bambino svolgere le consuete attività legate al gioco per entrare in contatto diretto con il pensiero magico, fatto di storie fantastiche dove personaggi immaginari si intrecciano ad attività di ogni genere. Da queste caratteristiche emerge una modalità di pensiero legata a scenari dall’enorme potenziale ed è proprio questa una delle caratteristiche fondamentali del pensiero magico. Ma non è tutto, perché in realtà questo tipo di pensiero ci accompagna superando i confini generazionali e culturali, accompagnando le società di ogni epoca attraverso i suoi racconti mitici e le sue credenze religiose, che sappiamo essere sopravvissute nel corso dei secoli nonostante le crescenti conoscenze dell’uomo nei confronti di fenomeni che possono essere spiegati con il metodo scientifico.
Il pensiero magico può essere definito come una forma di interpretazione degli stimoli esterni ed interni che prescinde dall’attribuzione logica di tipo causa-effetto. Si tratta quindi di una forma di interpretazione del tutto illogica a determinati eventi o situazioni, a prescindere da prove empiriche o fattori concreti direttamente collegati al fenomeno. In questo caso il nesso causa-effetto viene direttamente sostituito dagli effetti strettamente connessi al proprio agito o all’influenza di forze esterne – spesso soprannaturali – che intervengono nella vita individuale. Un esempio può essere quello della fatina buona che premia il bambino a patto che si comporti in modo corretto, ma esistono diverse forme che interessano anche l’età adulta, ad esempio attribuendo successi personali in campo affettivo o professionale a stimoli privi di un nesso causa effetto, come superare un colloquio di lavoro non per le proprie competenze ma per aver indossato un abito “fortunato”, un amuleto, e così via. Ciò che le accomuna è la tendenza a creare associazioni cognitive tra stimoli diversi che sfuggono al ragionamento sistematico.
La prima causa che provoca questo tipo di interpretazioni è la contiguità, che porta la persona a interpretare come processo cognitivo lineare il semplice affiancamento di due eventi contigui. La seconda riguarda il pensiero associativo e si basa sulla tendenza biologica che la mente possiede nel categorizzare gli eventi esterni sulla base del principio della somiglianza: un esempio tipico risiede proprio nel ragionamento dei maghi e può essere rappresentato dalla credenza che oggetti semanticamente simili possiedono la capacità di influenzarsi l’un l’altro proprio grazie alla loro somiglianza. Un po’ come accade nel caso di amuleti finalizzati ad aumentare la virilità che, in un modo o nell’altro, riflettono esteticamente la forma degli organi sessuali maschili e femminili.
Il pensiero magico dall’infanzia all’età adulta
Il pensiero magico ci accompagna dallo stadio infantile alla fase adulta, seppur con modalità diverse. Ad esempio nella fase pre-operativa che solitamente si colloca tra i 2 e i 7 anni il bambino tende a pensare di possedere il dono di modificare gli eventi esterni con la sola forza del pensiero e, in alcuni casi, a prescindere dalla sua volontà. Si tratta di una fase evolutiva particolare, nella quale il pensiero trova la propria dimensione solo quando strettamente correlata all’Io e non ad agenti esterni: è per questo che bambini di questa età tendono ad attribuirsi successi e colpe a loro estranei, come attribuirsi la colpa della separazione dei propri genitori, affiancandola a comportamenti sbagliati, capricci o azioni simili. In età adulta il pensiero magico trova terra feconda nelle credenze folcloristiche o religiose, spingendo la persona a interpretare eventi esterni sulla base di forze divine, o ancora tramite superstizioni o deliri.
Nella vita quotidiana il pensiero magico rappresenta un’importante risorsa, in infanzia come nell’età adulta. Carl Gustav Jung è stato uno dei teorici più inclini a tale ipotesi, aprendo le porte a nuove modalità di contatto e interpretazione della propria storia di vita. In particolare sottolineò come il ragionamento causa-effetto rappresentasse solo uno dei metodi interpretativi della realtà circostante, che non sempre può essere spiegata in modo rigido e lineare. Jung rivalutò l’importanza dell’associazione atemporale di eventi intesa come esperienza intima dell’anima che consente di connettere esperienze differenti non secondo nessi causali, ma in quanto appartenenti allo stesso archetipo.
Più in generale, le funzionalità mentali sono biologicamente programmate per dare un significato a ciò che ci accade, a interpretare gli eventi dando un senso che ci permetta di esercitare un controllo su di essi. Sotto questo punto di vista il pensiero magico agisce come meccanismo di difesa che ci preserva dal senso di estraneità a situazioni che sfuggono dai nessi causa-effetto della logica tradizionale, consentendo alla nostra mente di creare associazioni anche fittizie allo scopo di ridurre l’ansia e la tensione che l’incertezza rischia di provocare.
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