Dott.ssa Benedetta Mulas
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Una tendenza ingiustificata e persistente nel percepire le azioni e le parole degli altri in malafede, individuando nel prossimo atteggiamenti umilianti o minacciosi: sono questi gli elementi che caratterizzano il Disturbo Paranoide.
La persona che soffre di tale disturbo osserva con sospetto e diffidenza tutto ciò che lo circonda, associando a questo uno stile di vita decisamente solitario.
Ricerca segnali di minaccia o di altri significati nelle parole e nelle azioni altrui, apparendo al prossimo distaccato e privo di sentimenti.
Permaloso e ostinato, contrattacca quando criticato e spesso intraprende azioni di “rappresaglia” quando si sente ingiustamente aggredito (anche in assenza di alcuna prova concreta).
Ovviamente tale atteggiamento determina il rifiuto sociale che il soggetto interpreta come ulteriore “prova” dell’ostilità del prossimo e del mondo intero nei suoi confronti.
Il paziente vive costantemente sotto tensione e intrappolato nella rabbia o nella tristezza: è come se sentisse di non potere mai abbassare la guardia, di dover stare sempre all’erta pena la possibilità di essere fregato o tradito.
Nel DSM-IV, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, vengono indicati i seguenti indicatori per la diagnosi del Disturbo Paranoide (almeno quattro o più di essi devono essere presenti affinché possa essere fatta la diagnosi):
– diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti degli altri
– sospetti non realistici di venir sfruttati o danneggiati
– dubbi ingiustificati sulla lealtà degli amici
– paura di confidarsi con gli altri
– fraintendimento delle parole altrui, come semplici rimproveri o altro, verso significati più minacciosi
– prevalenza di rancore verso gli altri
– sentimento ingiustificato di venire attaccati o danneggiati, e tendenza a reagire
– paura ingiustificata di essere tradito dal coniuge
Il meccanismo di difesa, antico e primordiale, che governa l’atteggiamento verso il mondo di chi soffre del disturbo paranoidee è la “proiezione”: tutto quello che è negativo, tutti i sentimenti e le emozioni inaccettabili vengono scisse e proiettate all’esterno al fine di salvaguardare il proprio “IO”. Nel momento in cui il paziente sposta al di fuori di sé l’Ombra e le parti inaccettabili di se stesso, si illude di poterle controllare, tanto che le dinamiche di comportamento e relazionali di tali soggetti sono fortemente improntate al controllo dell’ambiente che lo circonda.
Questo è anche il motivo fondamentale per cui la persona non cerca spontaneamente un aiuto, ma sono spesso le persone vicine a insistere nel cambiamento, stanche dei suoi atteggiamenti di sospettosità e delle sue convinzioni paranoidee. Il soggetto di per sé non riconosce in alcun modo di avere un disagio, sono sempre gli altri ad essere “problematici” e a dover essere tenuti sotto controllo. Tale atteggiamento controllante è lo specchio e il riflesso del proprio terrore di essere “limitati” nella propria autonomia e rimanda a una ferita “antica” che trova origine nei rapporti oggettuali familiari e nelle prime fasi dello sviluppo psicofisico.
Una volta che il paziente arriva in terapia, è indispensabile creare fin dalle prime sedute, le condizioni per stabilire un buon rapporto terapeutico perché anche il terapeuta sarà ovviamente vissuto come “minaccioso” e con sospettosità.
Creare un ambiente di contenimento e fiducia, ad esempio empatizzando inizialmente con le idee paranoidee, è necessario perché il paziente possa provare a fidarsi e insieme al terapeuta esplorare le sue convinzioni e i suoi timori per provare man mano a sostituirle con nuove strategie per rapportarsi alla realtà, agli altri e ai propri vissuti.
E’ fondamentale lavorare sull’autostima e sul senso di Sè e, attraverso l’alleanza terapeutica, favorire l’interiorizzazione di un “oggetto buono” che faccia da contenimento alla rabbia e agli aspetti distruttivi e ripari gli introietti persecutori.
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