Dott.ssa Benedetta Mulas
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Nella società odierna, dove il valore estetico riveste un ruolo dominante, la maggior parte delle persone dedica particolare attenzione all’immagine esteriore, considerandola uno dei fattori in grado di definire l’identità individuale. In alcuni casi, però, è possibile sviluppare vere e proprie ossessioni verso alcune componenti specifiche del corpo anche in assenza di veri e propri difetti. È quanto accade nel Disturbo di Dismorfismo Corporeo, una patologia spesso sottovalutata nonostante interessi circa il 2,5% della popolazione generale.
Diagnosi e cause del Dismorfismo corporeo
Il manuale diagnostico DSM V lo inserisce all’interno della categoria delle sindromi correlate ai Disturbi Ossessivi Compulsivi in quanto la natura ossessiva dei pensieri ne rappresenta la principale caratteristica. Le persone affette da Disturbo di Dismorfismo Corporeo si preoccupano insistentemente di imperfezioni fisiche di lieve entità o talvolta inesistenti, che le portano ad eseguire azioni comportamentali o cognitive come il guardarsi ossessivamente allo specchio o il rimuginare costantemente paragonando il proprio aspetto a quello altrui.
L’attenzione eccessiva rivolta alle imperfezioni fisiche è associata a emozioni ad alta carica negativa, ma il problema principale del dismorfismo corporeo va oltre la presenza di contenuti ossessivi. La principale fonte di disagio è causata dall’attribuzione di un’importanza esclusiva al difetto fisico che porta la persona a identificarsi nell’imperfezione stessa. Ciò la porta a limitare la propria zona di comfort e ad escludere attività sociali in cui rischierebbe di ricevere critiche esterne.
La preoccupazione non rientra nei sintomi tipici dei disturbi alimentari come l’anoressia nervosa e compromette il funzionamento del soggetto, la cui esistenza ruota attorno al particolare estetico nonostante non trovi riscontro sul piano oggettivo. In molti casi la persona può richiedere incessantemente rassicurazioni esterne rispetto alla natura del difetto fisico e, non di rado, richiede interventi di chirurgia estetica.
Tuttavia questi interventi non si rivelano propriamente riparatori in quanto non operano direttamente sulle cause del disturbo.
Generalmente la dismorfofobia compare in età adolescenziale e può interessare uomini e donne, con alcune differenze rispetto all’oggetto delle proprie preoccupazioni che nel genere maschile riguarda soprattutto i genitali, mentre in quello femminile viene spesso diagnosticato un disturbo alimentare in comorbidità. In entrambi i casi il decorso è cronico, per cui risulta necessario rivolgersi ad uno specialista per individuarne l’origine e trattare il disturbo in modo efficace.
Nonostante la letteratura scientifica si sia occupata solo recentemente dell’eziopatogenesi del dismorfismo corporeo, molti autori concordano che quest’ultimo presenti una base ereditaria, considerata la trasmissione intergenerazionale della sintomatologia.
Inoltre, la comparsa dei sintomi che solitamente coincide con specifiche fasi della vita come l’adolescenza, può far ipotizzare una frattura nella formazione di un’immagine di sé positiva che trova nel corpo il suo mezzo di espressione principale, ma non necessariamente esclusivo. Senza contare che alcuni sintomi secondari del dismorfismo corporeo sono presenti in tutta la popolazione, dettati dai canoni trasmessi dai media. In tale senso anche il contesto sociale e culturale gioca un ruolo importante, in grado di alimentare gli effetti negativi derivanti dalla percezione della discrepanza con l’ideale dell’immagine corporea.
Verso un’immagine di sé positiva: il ruolo della psicoterapia
Spesso il Dismorfismo Corporeo compare in comorbilità con altre patologie come la depressione maggiore, la dipendenza da sostanze, il disturbo ossessivo compulsivo e la fobia sociale. Pertanto, qualora si sospetti la presenza dei sintomi discussi in precedenza, risulta fondamentale rivolgersi a uno specialista in grado di elaborare una diagnosi completa che includa l’eventuale compresenza di patologie primarie o secondarie.
Oltre a trattare efficacemente quest’ultime, lo psicoterapeuta può aiutare il paziente a modificare gli schemi cognitivi associati alla percezione del corpo e al giudizio sociale.
In un interessante studio emerso da Buhlmann e colleghi è emerso che i pazienti affetti da disturbo da dismorfismo corporeo tendono a commettere dei bias cognitivi. Si tratta di errori che interessano i processi del pensiero che li portano a interpretare erroneamente gli stimoli interpersonali, etichettandoli più facilmente in termini di critica e rifiuto.
Attraverso il colloquio clinico terapeuta e paziente lavorano sulla percezione corporea partendo dal piano concreto fino ad affrontare il tema della formazione dell’immagine di sé, le modalità specifiche che ne hanno permesso l’acquisizione nel corso di vita e l’importanza che l’aspetto esteriore riveste nella propria autostima. Vengono analizzate ed elaborate le cause antiche e inconsce sottostanti al sintomo, così da poter ripristinare, attraverso la relazione terapeutica, il benessere e l’equilibrio psicofisico.
L’obiettivo principale è favorire l’apprendimento di convinzioni funzionali. Attraverso la psicoterapia il paziente impara a circoscrivere l’eventuale presenza di un difetto fisico al piano esteriore, senza più intaccare l’immagine complessiva di sé e il proprio valore e a gestire efficacemente le emozioni correlate.
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