Dott.ssa Benedetta Mulas
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Il comportamento passivo-aggressivo rappresenta una delle tante modalità di espressione dei propri stati emotivi legati alla rabbia, che in alcuni casi può manifestarsi in modo stabile e coerente. In quest’ultimo caso si parla di personalità passivo-aggressiva, una condizione che coinvolge individui di ogni genere, provenienza e status sociale.
Caratteristiche tipiche ed effetti relazionali
Il comportamento passivo-aggressivo presenta due caratteristiche principali: la presenza di un elevato sentimento di rabbia e la tendenza a manifestarlo in modo intenzionalmente camuffato. Si tratta di una modalità comportamentale opposta a quella assertiva che permette alle persone di esprimere la rabbia in modo indiretto, al fine di evitare il conflitto ma impiegando strategie che, di fatto, boicottano e manipolano l’altro.
Un esempio può essere rappresentato dalla tipica reazione di chi, di fronte a una data situazione, esprime verbalmente il suo accordo salvo poi tirarsi indietro, eseguendo quanto richiesto in malo modo o senza impegno, o ancora rimandando l’azione. A una prima analisi i soggetti passivo-aggressivi appaiono amichevoli e disponibili, ma in realtà nascondono un atteggiamento manipolatorio che può restare latente anche per lunghi periodi.
Si tratta di un comportamento che, seppure con frequenza variabile, tutte le persone mettono in atto in determinate circostanze ma che tende a diventare un tratto patologico quando si converte in una modalità rigida e strutturata. Ciò vale sia per chi la utilizza in prima persona, sia per coloro che lo circondano.
Il soggetto passivo-aggressivo tende infatti a scatenare un forte senso di colpa nell’altro, un sentimento proiettivo che in realtà prova in prima persona ma che non affronta in modo funzionale, prediligendo azioni punitive e comportamenti dotati di scarsi livelli di empatia. Esternamente la personalità passivo-aggressiva può celarsi dietro un carattere estremamente testardo, ma in realtà la poca plasticità comportamentale e la tendenza a utilizzare il silenzio in modo manipolatorio sono utilizzati appositamente per soddisfare i propri bisogni senza esporsi ed evitando primariamente il conflitto con sé stessi.
Anassertività e passività: quali vantaggi?
È bene ricordare che il comportamento passivo-aggressivo presenta diversi vantaggi nell’immediato, che però tendono a trasformarsi in strategie disfunzionali per la persona stessa se adottate nel lungo termine.
Molti di questi vantaggi affondano le loro radici a livello culturale. Solitamente, infatti, la rabbia è considerata un’emozione socialmente inaccettabile, che sin da piccoli viene scoraggiata da parte di insegnanti, genitori e altre figure adulte. L’educazione improntata da questi ultimi mira solitamente al nascondere la rabbia “da bravo bambino” anziché esprimerla in modo funzionale e coerente con i propri bisogni, cosa che non avviene nel caso dell’ostilità nascosta.
Infatti tanti comportamenti su base passivo-aggressiva quali la tendenza a procrastinare o l’assunzione di un atteggiamento vittimistico sono considerati culturalmente meno riprovevoli rispetto a un’azione mossa dall’emozione della rabbia.
Un altro vantaggio immediato rappresenta la facilità con cui è possibile attuare un comportamento passivo-aggressivo rispetto a una reazione di tipo assertivo: a differenza della prima, la seconda strategia richiede necessariamente di analizzare i propri bisogni, di interpretarli in modo funzionale e di scegliere modalità di richiesta tali da garantire il rispetto di sé e dell’altro.
Inoltre il comportamento passivo-aggressivo può essere facilmente razionalizzato semplicemente dando la colpa all’altro. Si innesca così una vera e propria fuga dalle proprie responsabilità che genera un atteggiamento ostile dell’altro, reazione che conferma lo stato di vittima e il diritto alla critica del primo. L’evitamento del conflitto può attivarsi anche per pura convenienza, vale a dire in tutte quelle situazioni in cui, per mancanza di tempo o di voglia, si tende a rimandare una discussione in attesa di una decisione compiuta.
Uno dei vantaggi principali, però, è legato al potere che queste persone rivestono sull’altro. Ci riferiamo a precise dinamiche proiettive in cui il soggetto passivo-aggressivo adotta strategie legate alla svalutazione dell’altro e all’assunzione del ruolo di vittima solo per poter esercitare un confronto sul suo interlocutore. Così facendo quest’ultimo viene manipolato come un burattino, convertendosi in un veicolo attraverso cui esprimere la propria rabbia repressa. L’enorme vantaggio risiede nel fatto che ciò avviene in modo controllato perché mediato dall’altro secondo le proprie esigenze.
Il contributo della psicoterapia
Ciascuno di noi può attuare questo tipo di azioni per svariate ragioni, ma solitamente alla base del comportamento passivo-aggressivo vi sono alcuni elementi di base.
Il primo riguarda l’insicurezza, una rappresentazione di sé come persona vulnerabile e incapace di affrontare il conflitto, unito a scarse abilità assertive che interferiscono nelle relazioni sociali e a forti difficoltà nella gestione delle emozioni esperite, incluso il senso di colpa.
Malgrado la tendenza al sorriso e l’atteggiamento amichevole e solare, spesso queste persone soffrono a causa di tali elementi che coesistono a prescindere dagli effetti legati alla manipolazione dell’altro. La psicoterapia può rappresentare un valido aiuto per coloro che strutturano questa modalità come strategia primaria di interazione con l’altro contribuendo a ripristinare una corretta immagine di sé e delle proprie capacità.
In tale senso può tornare utile seguire appositi training mirati all’accrescimento delle risorse assertive individuali, attraverso i quali è possibile apprendere modalità più funzionali di espressione dei propri bisogni.
Lo stesso vale per coloro che intrattengono relazioni più o meno intime con soggetti passivo-aggressivi. Nel secondo caso la psicoterapia può aiutare la persona a rimettere in luce gli eventi di vita legati a tali comportamenti contrastando l’effetto domino che questi ultimi esercitano sull’autostima e sulla rappresentazione di sé. Inoltre, la terapia psicologica può contribuire a migliorare l’autoregolazione emotiva e a ricollegare i sentimenti esperiti su un piano più oggettivo, riducendo il senso di colpa che queste modalità relazionali tendono a innescare in modo stabile e pervasivo.
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