Dott.ssa Benedetta Mulas
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Il bisogno di essere accolti e protetti è qualcosa che ciascuno di noi sperimenta nelle proprie fasi di vita. La particolare configurazione relazionale che caratterizza il rapporto madre-bambino pone le basi legate all’immagine di sé e dell’altro che ci guidano dall’infanzia all’età adulta, fondamenta in cui la funzione di Holding materna riveste un ruolo cruciale.
Le funzioni della madre sufficientemente buona
Il concetto di Holding materna è stato coniato da Winnicott, pediatra e psicoanalista di origini britanniche che grazie alle sue teorie ha proposto un interessante modello dello sviluppo psicologico del bambino e delle relative ripercussioni in età adulta. Secondo tale approccio il bambino nasce con un potenziale innato che per esprimersi pienamente richiede la presenza di un ambiente “buono”, ovvero favorevole allo sviluppo del vero Sé.
La madre sufficientemente buona agisce sul contesto in tale senso mediando i bisogni del piccolo con quelli dell’ambiente: si tratta di una figura che ovviamente non deve intendersi come genitore perfetto ma come colui che risponde adeguatamente alle richieste di accudimento da parte del figlio. In tale senso la madre o altre figure che fungono da caregiver permettono al bambino di attribuire agli stimoli esterni un senso di continuità e prevedibilità, contenendo l’angoscia del piccolo e favorendo il processo di integrazione dell’Io.
Holding e Handling
Il percorso di individuazione parte da uno stato opposto caratterizzato dalla dipendenza del piccolo nei confronti della madre. Per far emergere il vero Sé il bambino deve attraversare tre stadi distinti, partendo da una primaria condizione di dipendenza assoluta dalla madre nel quale il piccolo vive ogni esperienza in termini di vantaggio o svantaggio, senza la possibilità di esercitare alcun rapporto sulla relazione diadica. Successivamente attraversa una fase caratterizzata da una dipendenza relativa nel quale inizia a collegare i propri bisogni con specifiche cure materne. Se quest’ultima riesce positivamente nella propria funzione genitoriale, il bambino raggiunge il terzo e ultimo stadio basato sulla propria indipendenza. Si tratta di un passaggio cruciale in quanto il piccolo impara a prendersi cura dei propri bisogni attraverso il ricordo e l’interiorizzazione delle cure materne, imparando a relazionarsi con l’ambiente in modo interdipendente, ovvero relazionandosi con il contesto in modo autonomo ma flessibile.
Tale processo è reso possibile attraverso due funzioni principali espletate dalla madre o dal caregiver: l’handling e l’holding. La funzione di Handling consiste nella naturale tendenza della madre sufficientemente buona di maneggiare il figlio.
Si tratta di una competenza che si riflette dapprima sul versante corporeo e successivamente su quello psichico del piccolo, che permette al genitore di tenere in braccio il piccolo e manipolarlo nelle varie attività quotidiane in modo che tutte le componenti del corpo siano raccolte. Le diverse strategie di manipolazione hanno lo scopo di fornire al bambino un senso di continuità del proprio corpo, permettendogli così di costruire gradualmente il suo schema corporeo personale.
Il termine Holding, letteralmente “sostegno”, si riferisce invece alla funzione di sostegno dell’Io debole del piccolo. L’holding ha lo scopo principale di agire come contenitore delle angosce del bambino e viene espletata accudendo il piccolo e dunque prendendosi cura dei propri bisogni. Allo stesso tempo, l’holding consente di proteggere il bambino da eventi traumatici che possono alimentare il senso di discontinuità dell’esperienza tipico delle prime fasi dello sviluppo infantile.
La funzione di Holding riveste un ruolo cruciale non solo a livello individuale ma anche interpersonale, in quanto contribuisce a far sì che il bambino interiorizzi un modello di madre buona e dunque un atteggiamento fiducioso nei confronti dell’altro e dell’ambiente in generale. Ciò vale nei primi anni di vita come in età adulta, in quanto il bisogno di contenimento si attiva anche nel corso di vita in concomitanza con stimoli ed eventi percepiti come minacciosi.
Le funzioni di holding e handling hanno dunque lo scopo di contenere il bambino favorendone l’integrazione psichica e corporea e il senso di continuità tra il mondo individuale e quello relazionale, determinando stili di attaccamento di tipo sicuro, insicuro o disorganizzato.
Il contenimento dall’età evolutiva alla vita adulta
In alcune fasi dello sviluppo del bambino può capitare che la funzione di holding non venga espletata in modo da rispondere ai bisogni del piccolo. In questi casi il bambino può sviluppare un falso Sé compiacente con le richieste provenienti dall’ambiente esterno ma distaccato rispetto al proprio nucleo centrale. Tali processi si ripercuotono negativamente in età adulta portando la persona a costruirsi relazioni distanti dal proprio essere che impediscono al vero Sé di emergere e di costituirsi come individuo vero e intero.
Ricordiamo inoltre che nella visione winnicottiana la funzione materna non risponde unicamente ai bisogni naturali e fisiologici del bambino, ma riveste un ruolo fondamentale nel contenimento delle angosce più profonde. Rientrano nelle fantasie terrifiche del piccolo l’angoscia di andare in pezzi, di essere privi di orientamento, di cadere per sempre e di non essere in relazione con il proprio corpo.
In età adulta tali paure si manifestano attraverso la perdita di senso e di continuità della propria esistenza, palesandosi più frequentemente mediante la comparsa di problematiche legate all’autoregolazione emotiva, relazionale e corporea.
In tale senso la psicoterapia può rappresentare una soluzione efficace per riattivare i processi connessi alla holding materna, fungendo da contenimento delle angosce del paziente. Quest’ultimo trova così finalmente il suo spazio sicuro nel quale esperire contenuti emotivi prima percepiti come incontrollabili, acquisendo gradualmente una maggiore tolleranza al contatto genuino con i sentimenti dell’altro fondamentale per far emergere il vero Sé.
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