Dott.ssa Benedetta Mulas
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La Fibromialgia o sindrome fibromialgica è un disturbo caratterizzato da una sintomatologia complessa, priva di nessi causali diretti tipici di altre patologie mediche. Una caratteristica peculiare è rappresentata dalla percezione di un dolore diffuso, non identificabile in una parte del corpo precisa. I sintomi della fibromialgia interessano anche la sfera cognitiva e comportamentale della persona che ne soffre, con importanti ripercussioni sulla sua routine quotidiana e sulla gestione degli eventi stressanti.
Cos’è la fibromialgia
La sindrome fibromialgica è stata per anni oggetto di studi da parte di neurologi, reumatologi e altre branche mediche. La peculiarità di questo complesso quadro clinico risiede nella molteplicità dei sintomi con cui si manifesta, che rende difficile elaborare una diagnosi certa e trattarla secondo protocolli standard. Anche l’origine del disturbo non è del tutto chiara, dal momento che potrebbe coinvolgere anomalie del sistema nervoso o disfunzioni di tipo psicosomatico attivate da fattori stressogeni.
I sintomi principali sono generalmente rappresentati dal dolore cronico diffuso, ovvero non circoscritto ma esteso a varie zone del corpo che risultano dolenti al tatto. Il dolore cronico si associa a ulteriori sintomi che includono disturbi organici quali la cefalea e la sindrome del colon irritabile uniti a sintomi psicologici, nei quali rientrano disturbi del sonno, sessuali, neurocognitivi e della sfera affettiva.
Il quadro clinico coinvolge maggiormente il genere femminile e può insorgere durante tutto l’arco di vita, sebbene ciò avvenga solitamente in persone di età compresa tra i 40 e i 60 anni.
Sintomi della sindrome fibromialgica
I pazienti avvertono dolore cronico e diffuso che impedisce loro di individuare un’area precisa. In altri casi durante le visite mediche possono essere individuati alcuni punti fisici circoscritti, ma gli esami effettuati non individuano un nesso causale con tali aree, che spesso tendono a modificarsi nel tempo spostandosi da una parte del corpo all’altra.
Il dolore muscolo scheletrico, però, non è l’unico sintomo di questa sindrome che include spesso parestesie, ovvero sensazione di intorpidimento, formicolii e “spilli” nel corpo, acufeni ossia percezione di suoni simili al ronzio nell’orecchio e altre sindromi organiche come il colon irritabile. Altri disturbi che interessano la sfera medica sono rappresentati dalla sensazione di stanchezza che interessa le gambe, cardiopalmo, dolore toracico e intolleranza alla luce ed ai suoni.
La sindrome include anche sintomi psicologici quali sensazione di affaticamento fisico e cognitivo e disfunzioni sessuali che interessano soprattutto la sfera del desiderio, bisogno che in questi pazienti tende a diminuire notevolmente. La fibromialgia può inoltre associarsi a disturbi del sonno che impediscono di godere di un riposo ristoratore a causa di insonnia iniziale, frequenti risvegli e, non di rado, inversione del ciclo sonno veglia.
In altri casi possono comparire disturbi neurocognitivi e della sfera affettiva, che limitano le abilità mnestiche e di concentrazione o, nel secondo caso, sono accompagnati da stati depressivi.
La letteratura attuale indica che oltre la metà dei pazienti affetti da fibromialgia sperimenta almeno un episodio di Depressione Maggiore nel corso della propria vita e spesso presentano una storia di vita segnata da traumi e abusi di varia natura.
Aspetti psicologici e trattamento
È proprio la compresenza di elementi di natura organica e psicologica e l’assenza di un nesso causale diretto a rendere questa patologia così complessa.
Un recente studio condotto da Oliver e Silman ha messo in luce il ruolo di particolari eventi di vita come abusi, traumi fisici e problematiche psicosociali: secondo la ricerca tali situazioni agiscono come fattore attivante che modula la comparsa e l’espressione della fibromialgia. I soggetti più a rischio sono rappresentati da persone di sesso femminile con livello di istruzione medio-basso, casalinghe o che svolgono lavori poco gratificanti e con situazioni familiari conflittuali. La maggior parte di queste caratteristiche rappresenta un potenziale fattore di rischio per lo sviluppo di diversi disturbi mentali. Un’ulteriore connessione tra questa sindrome e il funzionamento psichico è dato dalla comorbidità con vari disturbi mentali come i disturbi d’ansia e depressivi.
Benché allo stato attuale non esista un modello chiaro e condiviso, le cause della sindrome sono considerate dipendenti da vari fattori di tipo organico e psichico. Per quanto riguarda il primo caso, alcuni studi hanno individuato una predisposizione genetica che influenza il funzionamento dei recettori della serotonina e della dopamina, entrambi coinvolti nell’elaborazione del dolore. Ciò spiegherebbe il motivo per cui i pazienti affetti da questa sindrome tendono a manifestare una soglia nocicettiva inferiore rispetto alla norma, che impedisce loro di tollerare il dolore come avviene in altri individui.
Un altro importante aspetto evidenziato dall’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica riguarda il ruolo che eventi come la malattia, lutti familiari, traumi fisici e psichici rivestono nell’insorgenza della sindrome. Ciò consente da un lato di sottolineare gli aspetti psicologici legati alla comparsa e all’espressione del disturbo e dall’altro a promuovere strategie di intervento efficaci.
La terapia della fibromialgia include un trattamento multimodale cui afferiscono terapia farmacologica, esercizi di stiramento muscolare e psicoterapia. L’approccio farmacologico si basa soprattutto sulla somministrazione di medicinali impiegati per il trattamento dei disturbi depressivi.
Per quanto riguarda la psicoterapia, esistono varie strategie di intervento. Un primo step utile riguarda il sostegno psicologico che il professionista può fornire nell’accettazione e nella consapevolezza legata alla diagnosi.
Successivamente è possibile lavorare sui suoi effetti, in particolare sulle influenze che la fibromialgia esercita sull’autoregolazione delle emozioni. Di fronte alla diagnosi di un disturbo cronico non è raro sperimentare emozioni negative quali la tristezza e il senso di impotenza. Spesso la persona prova una forte rabbia e tende a chiedersi perché sia accaduto proprio a lei e a entrare in un turbine di pensieri catastrofici che influenzano anche altri ambiti di vita non connessi al disturbo.
Il pensiero negativo intacca quindi il comportamento della persona, che spesso tende a isolarsi e a manifestare sintomi depressivi di varia intensità.
La psicoterapia può aiutare il paziente a riconoscere e bloccare questo circolo vizioso aiutandolo a riconoscere e monitorare le interazioni tra pensieri, emozioni, sintomi e comportamento. A livello cognitivo è possibile ristrutturare le credenze disfunzionali relative ai sintomi e alla malattia con pensieri più utili al superamento dei suoi effetti. A livello emotivo e affettivo, può permettere la comprensione delle cause inconsce sottostanti alla malattia, che, una volta portate alla luce, possono essere finalmente espresse ed elaborate.
Inoltre la psicoterapia può aiutare a intensificare la rete sociale del soggetto e a facilitare l’apprendimento di tecniche efficaci per la risoluzione dei problemi, così da riprendere il controllo sui propri eventi di vita.
Infine, altri approcci come la Mindfulness, le terapie corporee e training specifici per l’apprendimento di tecniche di rilassamento possono aiutare efficacemente il paziente nella gestione dello stress e delle conseguenze fisiche, contribuendo a migliorare la sintonia tra funzionamento psichico e organico.
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