Dott.ssa Benedetta Mulas
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Donald Woods Winnicott è un pediatra e psicoanalista britannico che ha saputo trasformare la propria esperienza clinica in una teoria dello sviluppo che trova ancora ampia condivisione in ambito scientifico. Tutt’ora la sua visione rappresenta un modello per la spiegazione delle dinamiche che si attivano nel corso dello sviluppo e guidano l’adattamento della persona all’ambiente, costituendo una componente fondamentale dell’identità umana definita Falso Sé.
La teoria degli oggetti transizionali
L’autore ha lavorato a lungo come pediatra ed è proprio da questa esperienza professionale che nascono molte delle sue interessanti intuizioni. In particolare l’osservazione delle interazioni madre-bambino gli ha permesso di elaborare una teoria in grado di spiegare come l’atteggiamento materno possa influire sulla costruzione identitaria del figlio.
Secondo l’autore una madre sufficientemente buona, ovvero in grado di identificare e rispondere in modo creativo e flessibile ai bisogni del bambino, rappresenta la risorsa essenziale per permettergli di sperimentare la cosiddetta onnipotenza soggettiva: la sensazione di poter creare ogni cosa, di poter manipolare l’ambiente e la stessa madre secondo le proprie esigenze. Si tratta di un primo stadio evolutivo basato sull’egocentrismo del piccolo, nel quale questo può esprimere liberamente sé stesso. In questa fase avviene la costruzione del Vero Sé che contiene il nucleo più intimo delle aspettative, dei desideri e dei bisogni del bambino. Ciò è reso possibile grazie al sostegno di una funzione chiamata holding materna: che agisce come contenitore delle angosce del figlio avvicinandosi e allontanandosi da lui secondo i bisogni di quest’ultimo.
Lo sviluppo del Falso Sé
Crescendo il bambino abbandona questa visione egocentrica, sostituendola con una visione più ampia che contempla lo spazio oggettivo condiviso, dove la madre e gli oggetti esterni esistono indipendentemente dalla volontà del bambino. Il passaggio a questa seconda fase avviene in modo graduale, mediante l’utilizzo del cosiddetto oggetto transizionale: un oggetto esterno che può essere identificato con una bambola, un pelouche o altro e rappresenta il primo oggetto assimilato dal piccolo come “non-me”. L’oggetto transizionale sostiene il bambino alleviando lo shock che deriverebbe dal passaggio obbligato da una visione egocentrica alla rappresentazione della realtà condivisa e favorisce il processo di separazione e individuazione, necessario per la formazione di una personalità strutturata e capace di agire efficacemente nel proprio ambiente.
La scoperta dell’esistenza di uno spazio condiviso costringe quindi il bambino ad abbandonare l’egocentrismo infantile e a modificare la propria esperienza rispetto agli oggetti esterni. Questo secondo stadio dello sviluppo individuale permette la costruzione del Falso Sé, che al pari del Vero Sé rappresenta una componente fondamentale della persona.
Il Falso Sé è il prodotto dell’adattamento dell’individuo all’ambiente: adattamento che richiede di mettere da parte le componenti autentiche della persona per rispondere adeguatamente alle richieste del contesto. Il Falso Sé rappresenta quindi una componente più superficiale della struttura della personalità che presenta principalmente due funzioni: consentire una buona integrazione all’ambiente e difendere il Vero Sé, che rappresenta invece un bacino più profondo, ricco di aspirazioni intime ma anche di fragilità personali.
Effetti e obiettivi del trattamento psicoterapico
Ogni persona dovrebbe essere in grado di relazionarsi con l’ambiente circostante adattandosi ad esso, quindi giungendo a compromessi che in parte limitano il Vero Sé, senza tuttavia trascurare le aspirazioni e i bisogni alla base del proprio nucleo intimo. Ciò avviene se la funzione materna è stata in grado di garantire una buona holding.
Diversamente, una madre che non ha saputo rispondere adeguatamente ai bisogni del piccolo gli ha impedito di sperimentare la libera espressione della propria onnipotenza soggettiva e non ha saputo favorire il passaggio graduale nelle fasi di sviluppo necessarie alla formazione della personalità del figlio.
Quest’ultimo impara quindi ad adattarsi ai bisogni della madre e a sviluppare la propria identità in base al Falso Sé. Il prodotto finale sarà un adulto che tende a rinunciare alle proprie aspirazioni accontentandosi in vari ambiti di vita, da quello professionale a quello relazionale e di coppia, guidato dalla spinta del Falso Sé che mira al compiacimento dell’altro.
In questo modo quello che dovrebbe rappresentare una risorsa in difesa della propria essenza finisce con l’annientare la vera identità individuale, sfociando in un costante senso di perdita. Tale mancanza è alimentata dallo scarso contatto con sé stesso e con le vere caratteristiche che lo contraddistinguono.
In alcuni casi il Falso Sé può dominare l’intera esistenza della persona, sebbene nella maggior parte dei casi quest’ultima tenda a sperimentare una serie di effetti negativi, dalla tristezza all’apatia talvolta unite a veri e propri sintomi depressivi, che la portano ad attuare cambiamenti drastici in grado di far emergere i suoi veri bisogni personali.
Questo cambiamento può essere favorito attraverso un percorso psicoterapico, uno strumento di cui la persona può servirsi per evitare di temporeggiare e per trovare un sostegno esterno che possa facilitarla nell’affrontare le conseguenze di tale scelta. Ci riferiamo a decisioni che una persona può prendere nell’ambito di una relazione di coppia poco soddisfacente, nelle scelte lavorative o in qualsiasi ambito da lei percepito come qualcosa a cui aderisce in modo accondiscendente ma che non sente suo. La terapia può fornire una funzione con tratti simili alla holding materna, garantendo un sostegno mirato in grado di contenere le angosce collegate al Vero Sé e, parallelamente, di aiutare il paziente a ristabilire il giusto equilibrio tra le due componenti.
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