Dott.ssa Benedetta Mulas
Via Mameli 49, Cagliari
Tel. +39 349 66 03 960
Diventare genitore può essere definito come un processo in grado di modificare drasticamente lo stile di vita della persona. Si tratta di una transizione graduale che, con la forza di un uragano, si associa inevitabilmente a un netto cambiamento della propria immagine, ponendo il futuro genitore di fronte al bisogno di confrontarsi concretamente con un bambino ideale distinto da quello reale.
Non un momento, ma un processo
Quella della genitorialità rappresenta una tematica delicata, che spesso porta con sé pregiudizi e falsi miti. In molti casi tali false credenze assumono un valore tale da influenzare negativamente l’esperienza del diventare mamma o papà, portando con sé insicurezze e disagio di varia intensità, fino ad arrivare a sindromi cliniche come la Depressione Post Partum.
Paradossalmente, la maggior parte delle false credenze si riconduce all’idea che la genitorialità rappresenti una scelta, un momento che è possibile inquadrare nel tempo e nello spazio. Culturalmente siamo abituati a immaginarla come una sorta di bivio che porta alcuni a scegliere di diventare madri o padri: tale rappresentazione rafforza credenze secondarie associate a un bambino e a un genitore ideale.
In entrambi i casi, si tratta di modelli stabili associati a un insieme di caratteristiche. Nel primo caso le caratteristiche sono spesso associate all’atteggiamento del piccolo, a credenze che in buona parte rappresentano unicamente il risultato di meccanismi proiettivi di chi lo mette al mondo. Per quanto riguarda l’idea della genitorialità, anche questa viene spesso associata a qualità come l’essere premurosi e attenti, capaci da subito di sintonizzarsi con il bambino e di individuare senza problemi la soluzione più indicata per soddisfarne i bisogni primari. Di fatto, trascurando quanto quest’ultima solitamente avvenga sulla base sì di una predisposizione biologica ma si adatti necessariamente a un processo di apprendimento per tentativi ed errori.
Questa visione distorta basata su modelli idealizzati si contrappone a un semplice assunto: la genitorialità non può essere inquadrata come un momento circoscritto quanto piuttosto comeun processo e come tale richiede tempo. L’esperienza si configura come un parametro fondamentale per facilitare il passaggio dal bambino ideale a quello reale, nonché uno step necessario alla progressiva costruzione della funzione genitoriale.
Il valore di una doppia creazione: la nascita della mamma e del bambino
La genitorialità andrebbe pertanto intesa come un processo che racchiude in sé una doppia nascita: quella della mamma e del bambino. Nel primo caso, la persona deve far conto con aspettative legate alla propria rappresentazione del figlio, all’idea di un bambino ideale che racchiude processi psicodinamici complessi.
Rientrano in questo insieme tutte quelle rappresentazioni che iniziano a costituirsi sin dalle prime fasi dell’infanzia della donna attraverso l’interiorizzazione di desideri, aspettative e fantasie dei nostri genitori. A tal proposito Berne ha coniato il termine di “genitore interno” come bacino che raccoglie tutte le interazioni di natura reale o immaginaria con le figure di riferimento: processi che influenzano il nostro giudizio personale ma che fungono da guida alterando le aspettative nutrite nei confronti del nuovo arrivato. L’insieme delle esperienze maturate nella propria infanzia concorre alla costruzione di modelli operativi interni, rappresentazioni mentali che influenzano il nostro modo di interpretare la nostra identità personale e le interazioni con l’altro. Pertanto la genitorialità rappresenta, di per sé, un momento tutt’altro che naturale.
Si tratta di una fase di vita particolarmente critica in quanto costringe la futura mamma a una necessaria rielaborazione dell’immagine di sé e a superare il passaggio da oggetto di cura a caregiver: un periodo di ricostruzione nel quale convergono tutte le credenze, le fantasie e i desideri affettivi più profondi legati alla propria storia di vita.
Nel mezzo di questa crisi la costruzione di un modello di figlio ideale ha la funzione di ridurre l’attivazione legata a questa necessaria rielaborazione. Tuttavia, il risultato di questo processo è l’ideazione di un bambino immaginario che, al suo arrivo, solitamente si scontra con il bambino reale. Anche in questo caso non è possibile definire un momento preciso, mentre appare più opportuno inquadrare il conflitto dettato dallo scontro tra bambino reale e immaginario come un processo transitorio.
Alcuni autori concordano nel definire l’inizio di questo percorso interiore con specifici eventi quali la prima ecografia: situazioni che pongono il futuro genitore di fronte a un’immagine concreta del feto, di un bambino in carne e ossa legato a pensieri e associazioni mentali distanti da quelle legate al bambino ideale.
È proprio questa ambivalenza e tutte le differenze che racchiude in sé a fungere come alimentatore di uno stadio che ha compito evolutivo quello di favorire la crescita psicologica e relazionale della futura mamma.
Nonostante le innegabili difficoltà che quest’ultima è chiamata ad affrontare, tale periodo di transizione le permette di ricongiungersi da un lato al proprio mondo degli affetti e alle credenze personali più profonde, dall’altro a sviluppare una flessibilità mentale fondamentale per allenarsi a modificare le proprierappresentazioni mentali. La funzione primaria di tale crisi evolutiva è quella di dare inizio a un processo che inizia dal confronto tra bambino ideale e bambino reale ma che, di fatto, prosegue negli anni aiutando a soddisfare i bisogni del piccolo grazie all’elaborazione di rappresentazioni in continuo divenireche vanno di pari passo con il raggiungimento degli step evolutivi del bambino.
La riproduzione anche parziale è vietata senza previa autorizzazione.
La consulenza online è gratuita.