Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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Crescere con genitori narcisisti

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Un pizzico di egocentrismo è un ingrediente fondamentale per salvaguardare il proprio benessere. Quello che nella psicologia del senso comune viene paragonato al cosiddetto amor proprio, può aiutare tutti noi a ritagliarci i propri spazi e a esprimere appieno i bisogni primari e rientra nei tratti narcisistici funzionali.

In alcuni casi, però, queste tendenze si instaurano in modo rigido e guidano le relazioni con gli altri in modo disfunzionale. È quanto accade nelle persone affette da Disturbo Narcisistico di Personalità, che possono produrre effetti devastanti nelle relazioni con gli altri. In ambito genitoriale talvolta arrivano a compromettere la costruzione del Sé dei propri figli, spesso senza riuscire ad acquisire una piena consapevolezza delle proprie azioni.

Tratti tipici dei genitori narcisisti

La presenza di tratti narcisistici si riflette inevitabilmente nelle abilità genitoriali e nelle relazioni con i figli. Il senso grandioso di Sé, la mancanza di empatia e la necessità di ammirazione rappresentano i tre pilastri cardine attorno ai quali ruota la personalità narcisistica. Questi punti cardine guidano il comportamento della persona che esternamente può apparire come snob e presuntuosa e alla continua ricerca di approvazione altrui, nonostante l’atteggiamento sicuro di sé. Tuttavia tale atteggiamento non è altro che una maschera, una proiezione di sé che non ha niente a che vedere con il piano reale e serve solo a compensare una rappresentazione di sé caratterizzata da fragilità e senso di inferiorità.

Queste caratteristiche influenzano fortemente le competenze genitoriali ostacolando l’autonomia del figlio. Un genitore narcisista tende a instaurare un rapporto con i propri figli basato sulla possessione e su un atteggiamento iper critico. In realtà la disposizione iper critica dei genitori nei confronti dei figli è qualcosa che parte da loro stessi, in quanto a livello profondo il narcisista è il primo a valutare negativamente sé stesso.

Secondo lo psicologo americano Alan Rappoport questi genitori tendono a considerare i figli come “estensioni” di sé, talvolta arrivando a strumentalizzarli per colmare le proprie lacune o soddisfare bisogni personali.

Tale ottica rappresenta l’opposto del genitore sufficientemente buono, in grado di riconoscere l’individualità dei figli e di aiutarli ad esprimerla appieno. Il genitore narcisista, infatti, non riconosce il figlio come una persona a sé stante, dotata di pensieri e bisogni autonomi ma tende a inglobarla e ad annullarne le peculiarità.

Sul piano comportamentale ciò si traduce in atteggiamenti più o meno consapevoli basati sulla svalutazione e sulla critica, che la figura primaria tende a giustificare come atti d’amore o obblighi genitoriali. Proprio come se il figlio fosse un’estensione di sé, quest’ultimo può essere utilizzato come un manichino: vestito, formato e “confezionato” secondo i bisogni genitoriali.

Se i primi provano a distaccarsi diventano oggetto di sottili strategie manipolatorie ad opera delle figure primarie. Queste strategie condividono il medesimo scopo di controllare l’altro e possono spaziare dal distacco emotivo al senso di colpa, attraverso reazioni implicite e frasi esplicite quali “Ho sacrificato tutto per te” al fine di riacquisire un potere e annullarne l’autonomia.  Solitamente questi genitori adottano un atteggiamento intrusivo limitato a determinati ambiti di vita che li riguardano personalmente, comportandosi in modo totalmente trascurante in altri. Il risultato sono figli troppo spesso destinati a fronteggiare le difficoltà derivanti dalla percezione dei propri bisogni e della loro stessa identità.

Il co-narcisismo e altre forme adattive: alternative e trattamento

I genitori, agendo come figure primarie, sono i primi deputati al soddisfacimento dei bisogni dei figli nelle varie tappe dello sviluppo e ciò rende difficile per questi ultimi allontanarsi da tali dinamiche.

La prole tenderà ad adattarsi alle norme imposte dai genitori ma incontrerà una serie di difficoltà che riguardano prevalentemente l’autonomia personale e in particolare il processo di separazione e individuazione che le stesse figure primarie dovrebbero supportare.

Secondo Gootnick è possibile individuare tre diverse strategie di adattamento dei figli al narcisismo genitoriale. La prima è l’identificazione, una strategia che consiste nell’imitare le qualità genitoriali esprimendo gli stessi pensieri e bisogni di una o entrambe le figure primarie, assumendo a sua volta tratti narcisistici. Si tratta di una soluzione che il bambino mette in atto per non rischiare di perdere l’amore genitoriale. Attraverso l’identificazione il giovane tende a rappresentare sé stesso utilizzando l’unica lente utilizzata in tutta la sua vita: quella della figura primaria.

La seconda strategia, definita sottomissione o co-narcisismo, prevede che il figlio reagisca al narcisismo annullando la propria individualità allo scopo di compiacere il genitore. In questo modo si trasforma nel veicolo dei desideri e delle aspirazioni altrui: una manipolazione che può costare cara e sfociare, oltre che in seri disturbi relazionali come accade nel caso dell’identificazione, anche in difficoltà legate alla sfera affettiva e dell’umore. Si tratta di figli che tendono a sentirsi costantemente responsabili per gli altri e allo stesso tempo incapaci di crearsi un’identità definita. Spesso considerano i bisogni degli altri come quelli dei propri genitori e si sentono obbligati a soddisfare queste richieste ad ogni costo.

La terza modalità, definita come ribellione, innesca una vera e propria lotta nei confronti delle figure primarie che può presentare forti somiglianze con problematiche evolutive come il Disturbo Oppositivo Provocatorio e proseguire in età adulta. Nonostante possieda tutte le abilità necessarie, il bambino può volutamente ottenere scarse performance nelle attività sportive o scolastiche che il genitore ritiene fondamentali, il tutto pur di non sottomettersi all’immagine imposta da quest’ultimo. Si tratta di un tentativo teso a salvaguardare la propria autonomia che, come gli altri, può alimentare nel figlio vere e proprie crisi interiori che porterà con sé anche da adulto. 

Come abbiamo visto, il narcisismo genitoriale tende a perpetuarsi di generazione in generazione, con il rischio di creare figli con tratti analoghi, co-narcisisti o comunque chiamati ad affrontare problematiche che potrebbero facilmente essere risolte con l’aiuto di uno psicoterapeuta.

La psicoterapia può agire a livello familiare, pianificando interventi sistemici che permettono di arginare e contenere le dinamiche genitoriali per il benessere dei figli.

Poiché non è sempre semplice coinvolgere i genitori in modo attivo proprio a causa dei propri tratti narcisistici che impediscono loro di chiedere un aiuto esterno, in alternativa è possibile intraprendere una psicoterapia individuale. In età infantile come da adulti, quest’ultima può rappresentare un valido strumento per risolvere difficoltà legate alla sfera della comunicazione, delle relazioni e dell’umore. Terapeuta e paziente lavorano insieme per risolvere le difficoltà derivanti dalla co-dipendenza nelle relazioni affettive, in quanto spesso i figli di genitori narcisisti tendono a ricercare partner con problematiche analoghe.

Nella maggior parte dei casi la psicoterapia risulta un efficace mezzo per favorire il processo di individuazione. In questo modo il terapeuta aiuta il paziente ad imparare a cogliere i propri bisogni, ponendoli come primari rispetto a quelli altrui e a risanare il vuoto emotivo e identitario limitando le minacce emotive dettate dall’insicurezza e il senso di colpa.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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