Dott.ssa Benedetta Mulas
Via Mameli 49, Cagliari
Tel. +39 349 66 03 960
A differenza delle teorie cosiddette del senso comune, la gravidanza rappresenta un evento tutt’altro che “naturale” e “spontaneo”, identificandosi piuttosto come un processo associato a una serie di cambiamenti psicofisiologici che non interessano solo la donna, ma anche la relazione e l’evoluzione psichica a livello individuale per entrambi i partner.
“Sono incinta”: dalla scoperta alla crescita interiore
Si tratta di un momento particolarmente intenso dal punto di vista emotivo, spesso ripreso da film e romanzi come un punto di svolta della propria esistenza. Scoprire di essere incinta viene spesso associato all’idea di diventare, per così dire, “magicamente” un genitore. In pratica, però, si tratta di un evento tutt’altro che rapido e scontato, configurandosi piuttosto come un processo che porta inevitabilmente a un punto di rottura degli equilibri precedenti per riorganizzarsi in vista dell’arrivo del nascituro, con cambiamenti che coinvolgono entrambi i partner. Accade così che le fantasie, le aspettative e i sogni associati alla gravidanza si trasformano in scalini di crescita personale con trasformazioni che si ripercuotono non solo a livello cognitivo, ma anche psicosomatico.
Come se non bastasse, i cambiamenti di natura fisiologica e psicologica si scontrano inoltre con schemi automatici strettamente associati alla propria storia di vita. Durante la gravidanza la futura mamma è chiamata a fare i conti con quella che Bibring definisce crisi maturativa, ovvero un momento evolutivo durante il quale si riaccendono conflitti legati all’infanzia, portando la donna a identificarsi con la propria figura materna e a fare i conti con eventuali condizioni irrisolte nel suo processo di separazione e individuazione. Ciò può dar luogo a esiti diversi: nei casi in cui la donna è riuscita a concludere positivamente tale processo, solitamente riesce ad attingere a risorse personali funzionali nel guidarla in questo particolare periodo di vita; diversamente, soprattutto nei casi di relazioni con la propria madre particolarmente complesse, la gravidanza può essere vissuta in modo conflittuale con sé stessa e con l’altro – soprattutto il partner -, dando spesso alimento a sentimenti di impotenza e inadeguatezza.
Si tratta di un passaggio delicato in quanto, soprattutto nel secondo caso, la donna è costretta a rielaborare gli schemi legati alla propria identità osservandosi da più punti di vista: da un lato come figlia, dall’altro come madre, e allo stesso tempo ad associare tale immagine al proprio ruolo di compagna, amica ma anche come lavoratrice, studentessa, e così via. Lo stesso vale per altri ambiti della quotidianità: dalla sveglia mattutina alle attività giornaliere in ambito sociale e lavorativo, diventare mamma significa rielaborare i propri ritmi di ogni giorno in funzione dei bisogni del nuovo arrivato ed affrontare vissuti emotivi estremamente variabili, che possono alternare in modo molto flessibile gioia e soddisfazione o emozioni di tristezza e solitudine in funzione delle caratteristiche di personalità e della propria storia di vita.
Una trasformazione duplice che interessa entrambi i neo genitori
La psicologia della gravidanza deve necessariamente tener conto di entrambi i neo genitori. Entrambe le figure sono chiamate a rielaborare tali esperienze in un’ottica che influenza inesorabilmente i vissuti dell’altro, soprattutto in termini di percezione individuale di sostegno o assenza.
Questa fase di transizione riflette per entrambi il processo di separazione dal nucleo familiare di origine, sia dal punto di vista relazionale che rappresentazionale: è la somma di tali processi che influenza il modo in cui la gravidanza viene vissuta molto prima dell’arrivo del bambino. Si tratta di una fase particolarmente delicata per la donna ma anche per il neo papà, nella quale il sostegno di uno psicologo può agire come valido sostegno esterno per affrontare le difficoltà delle tre fasi principali che tale processo comporta.
Il fine ultimo è facilitare la diade genitoriale nel ritagliare uno spazio adatto ad accogliere il proprio ruolo genitoriale e in secondo luogo il neonato. Più nello specifico è possibile identificare un primo stadio nel quale i neogenitori sono chiamati a fare i conti con le aspettative legate alla propria idea di genitorialità e a rielaborare i vissuti associati al proprio stile di attaccamento, dalle richieste alle offerte di cura in tutte le molteplici modalità in cui possono prendere forma. Nella seconda fase i cambiamenti fisiologici portano entrambi a interfacciarsi con trasformazioni che prescindono dall’immaginario individuale: in particolare la mamma inizia a percepire l’aumento del volume del ventre ed i movimenti fetali come simboli che palesano l’esistenza di un Altro diverso da Sé, con la possibilità di generare emozioni ambivalenti nei suoi confronti ma anche di gettare le fondamenta per una relazione autentica con un altro essere umano e non unicamente con le aspettative ad esso correlate.
Il vero e proprio stile di attaccamento con il bimbo spesso viene a costituirsi solo nelle fasi finali della gravidanza, in cui la mamma, ma anche il papà, iniziano a sperimentare sé stessi in vista dell’imminente nascita e di tutti i cambiamenti che comporta a livello intra e interindividuale. Ciascuno di questi elementi può essere affrontato più serenamente con il supporto di un professionista esterno esperto in tali tematiche, in grado di accompagnare la donna o la coppia non solo nei cambiamenti legati alla maturazione fisiologica del neonato, ma anche e soprattutto nell’evoluzione della propria rappresentazione da individuo a genitore.
La riproduzione anche parziale è vietata senza previa autorizzazione.
La consulenza online è gratuita.