Dott.ssa Benedetta Mulas
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Tra i numerosi approcci allo studio evolutivo spicca il contributo offerto da Daniel Stern. Quest’ultimo ha elaborato un modello fondato su un pensiero in netta contrapposizione con la visione all’epoca condivisa, sostenendo che il bambino possiede un Sé definito che si sviluppa attraverso diversi stadi evolutivi.
Il contributo dell’Infant Research
Daniel Stern è uno psichiatra e psicoanalista, nonché noto esponente del moderno movimento dell’Infant Research, importante filone di ricerche sullo sviluppo psichico infantile. Tali studi si focalizzano sulle origini e lo sviluppo dell’intersoggettività e in particolare sull’acquisizione delle abilità sociali anziché concentrarsi sugli stadi dello sviluppo cognitivo su cui sono primariamente focalizzati modelli tutt’ora ampiamente diffusi.
In tale ottica lo sviluppo del bambino è reso possibile grazie alle particolari esperienze che avvengono all’interno delle interazioni tra il bambino e i suoi caregiver, ossia coloro che se ne prendono cura soddisfacendone i bisogni affettivi, fisiologici e relazionali.
Il modello teorico alla base del contributo di Stern e la teoria dell’attaccamento elaborata da Bowlby, secondo la quale il bambino possiede sin dalla nascita una naturale tendenza alla ricerca e al mantenimento della relazione con l’altro. È proprio questa spinta motivazionale che guida l’evoluzione individuale e rende possibile l’interiorizzazione di un’immagine di Sé e dell’altro sulla base delle dinamiche che si instaurano all’interno delle relazioni con le figure primarie e, successivamente, che accompagnano la persona nel corso della propria vita.
Le fasi dello sviluppo del sé
Secondo Stern il bambino possiede un Sé emergente sin dalla nascita, il cui percorso può essere ostacolato o facilitato sin dalle prime esperienze relazionali. Lo sviluppo del Sé avviene per tutto l’arco di vita, ma si concentra soprattutto in una zona di massimo potenziale che attraverso quattro fasi. Questi stadi sono temporalmente collocati nei primi due anni di vita così suddivisi.
La prima fase è definita del Sé emergente e va, approssimativamente, dalla nascita al compimento del secondo mese di vita: si tratta del primo contatto che il neonato fa con il mondo esterno. La relazione primaria gli permette di fare esperienza e di confrontarsi con un’ampia varietà di stimoli che il piccolo impara man mano a mettere insieme. Tale integrazione permette al bambino di gettare le fondamenta per acquisire la capacità di apprendere e creare, dando un senso al mondo.
La fase del Sé centrale prosegue fino ai sei mesi e mira all’ampiamento delle prime capacità di attribuzione di senso acquisite nello stadio precedente. Il bambino è ora in grado di organizzare la propria esperienza in ricordi episodici caratterizzati dall’associazione di determinati stimoli e risposte relazionali, come accade nel caso del pianto e del successivo nutrimento da parte della madre. Partendo dai fatti episodici e circoscritti, il bambino impara pian piano a generalizzare tali conoscenze ad altri ambiti e a fare previsioni che ne influenzano le aspettative future.
Il traguardo principale raggiunto in questo stadio evolutivo è pertanto rappresentato dall’acquisizione di una prima immagine di sé come centrale, dotata di caratteristiche proprie e distinte dagli altri. Le previsioni rispetto agli eventi futuri che maturano in questa fase influenzano ciò che il bambino si aspetta dall’altro, configurandone lo stile di attaccamento primario che lo accompagnerà dall’infanzia e, solitamente, resterà pressoché invariato anche nell’età adulta.
Dai sette ai 15 mesi si sviluppa il Sé soggettivo. Questo step rimarca ulteriormente la rappresentazione del Sé come di qualcosa di distaccato dall’altro, separando la propria realtà soggettiva da quella percepita dagli altri. In questo momento di vita la sintonizzazione emotiva tra il bambino e le figure primarie riveste un ruolo cruciale in quanto aiuta il bambino ad affrontare tale divario. La presenza di eventuali lacune all’interno di tale sintonizzazione rappresenta un potenziale pericolo nello sviluppo del Sé in quanto può privare il bambino delle competenze relazionali necessarie a interagire con l’altro.
Intorno ai 15 mesi il bambino acquisisce importanti abilità legate alla rappresentazione simbolica e allo sviluppo del linguaggio, iniziando ad elaborare rappresentazioni mentali più complesse ed astratte. L’acquisizione delle competenze comunicative legate all’utilizzo del linguaggio gli permette di interagire con l’altro vivendo la relazione sulla base dei propri bisogni individuali e sul riconoscimento di quelli altrui, facilitato dall’apprendimento della competenza linguistica e della maturazione raggiunta attraverso il superamento delle fasi precedenti.
Il modello evolutivo in psicoterapia
In accordo con la teoria dell’attaccamento, il modello di Stern evidenzia pertanto il valore del naturale bisogno di relazionarsi con le figure primarie. Tale visione si contrappone a quella che identifica il neonato come individuo passivo e incapace di interagire con l’altro e offre importanti spunti nella pratica clinica.
La psicoterapia agisce su diversi stadi evolutivi lavorando su altrettanti obiettivi. Nello stadio iniziale può accompagnare le figure primarie attuando interventi preventivi che interessano in particolar modo la madre, così da ridurre il rischio di sviluppare disagio e condizioni di rilevanza clinica come la depressione post-partum. Successivamente è possibile avviare un percorso di sostegno genitoriale volto a facilitare il naturale passaggio da una fase all’altra dello sviluppo del Sé del bambino, aiutando madre e padre a valorizzare le proprie risorse per rispondere in modo appropriato ai bisogni emergenti in ogni stadio della sua crescita.
Il modello di Stern trova applicazione anche in età adulta. In tale senso la psicoterapia può aiutare la persona a ripercorrere la propria storia di vita e i vari stadi evolutivi così come esperiti individualmente. Ciò rende possibile identificare eventuali problematiche attuali riallacciandole alle esperienze passate e facilitare il naturale collegamento tra stati individuali attuali e la cornice relazionale entro la quale la persona si muove durante tutto l’arco di vita.
In particolare nella pratica clinica il contributo di Stern attribuisce particolare enfasi al qui ed ora della relazione terapeutica, attraverso l’analisi e la valorizzazione della correlazione emotiva intersoggettiva che emerge nello scambio interattivo tra terapeuta e paziente. Così facendo, la psicoterapia offre una preziosa occasione di risanare eventuali esperienze traumatiche e dinamiche disfunzionali che interessano l’ambito relazionale quotidiano del paziente.
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