Dott.ssa Benedetta Mulas
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Mantenere un aspetto pulito e curato rappresenta un elemento costante nella vita di tutti noi, che risponde a precise regole legate all’accettazione e alla convivenza sociale. In alcuni casi tale tendenza si configura come una condizione costante che influenza la routine quotidiana in quanto sfocia in una vera e propria ossessione per il pulito. Tale condizione è mossa da particolari dinamiche psicologiche che, per chi ne soffre, rappresentano un tentativo di controllo sui propri stati interiori.
La pulizia tra ossessione e compulsione
L’ossessione del pulito può rappresentare una delle tante espressioni del Disturbo ossessivo Compulsivo (DOC), quadro di rilevanza clinica che si discosta fortemente da un’eccessiva attenzione all’igiene. Tale disturbo è caratterizzato da due componenti specifiche: la presenza di ossessioni, ovvero di pensieri frequenti e intrusivi riguardanti la pulizia e il timore di essere contaminati da germi e batteri, e compulsioni, ovvero atti comportamentali che la persona esegue nel tentativo di evitare la contaminazione.
Chi soffre di queste particolari ossessioni tende ad attuare comportamenti tali da garantire la pulizia costante della propria persona e/o della casa. L’atteggiamento compulsivo acquisisce nel tempo un valore ritualistico: la persona tende a sviluppare una precisa routine dedicata alle attività di pulizia secondo standard rigidi e ripetitivi.
I rituali influenzano negativamente la vita della persona a livello individuale, relazionale o lavorativo. Inoltre si configurano come una componente imprescindibile per quest’ultima, che tende ad agire in modo compulsivo e a provare enorme disagio nel caso in cui fosse impossibilitata ad attuare le operazioni quotidiane di pulizia.
Oltre alla componente ritualistica legata all’igiene personale o domestico, la persona tende a modificare tutto il suo comportamento in funzione dei pensieri ossessivi. Il risultato è l’attuazione di comportamenti inconsueti quali, ad esempio, evitare di cucinare per non sporcare la cucina o obbligare familiari e coinquilini a seguire precisi percorsi per spostarsi da una zona all’altra della casa, al fine di ridurre il rischio di contaminazioni esterne.
Significato psicologico del sintomo
Coloro che soffrono di queste ossessioni riconoscono la disfunzionalità dei comportamenti messi in atto. Il pensiero ossessivo è collegato a stati emotivi di tipo ansioso e ha natura egodistonica: la persona vorrebbe resistere ai contenuti intrusivi ma sente di non poter fare a meno di attuare i comportamenti ritualistici.
Come è facile immaginare, ciò comporta innumerevoli svantaggi ma, allo stesso tempo, rappresenta per la persona un vantaggio immediato.
Il rito della pulizia consente infatti di alleviare l’ansia e di contenere l’angoscia derivante dai propri processi psichici, trasformandosi in uno strumento che le consente di sbarazzarsi del disagio associato.
Il sintomo è sorretto da un’angoscia che nella maggior parte dei casi non ha alcun collegamento diretto con la pulizia: tali compulsioni agirebbero pertanto come una sorta di “parafulmine” che consente di trasferire l’angoscia su un canale esterno. Ciò consente di ridurre l’intensità del disagio associato e di operare un controllo immediato sui propri stati emotivi.
Non di rado alla base di tali dinamiche si nasconde una scarsa fiducia nelle proprie potenzialità e nelle risorse offerte dall’ambiente. Quest’ultimo, infatti, può essere percepito dalla persona come pericoloso: credenza che nel pensiero cosciente prende la forma di batteri, germi e rischi tali da poter compromettere la propria incolumità.
In tale senso la priorità di mantenere il corpo o l’ambiente secondo elevati standard igienici corrisponderebbe quindi al preservare un equilibrio mentale privandosi dei propri stati emotivi esperiti ed evitando di affrontare i pensieri associati.
Il contributo della psicoterapia
L’ossessione del pulito, così come quella dell’ordine, possono essere trattate efficacemente con un ciclo di psicoterapia. Questo percorso può essere effettuato secondo diversi approcci che mirano ad agire su più livelli del funzionamento individuale.
La psicoeducazione può tornare utile per comprendere la natura delle proprie dinamiche interiori che, come abbiamo visto, tendono a ripetersi seguendo lo stesso ciclo. Tale intervento può aiutare la persona a spezzarlo favorendo una maggiore consapevolezza dell’influenza che le ossessioni esercitano sulle compulsioni.
Il fine ultimo della terapia è rappresentato dalla scoperta dei pensieri e delle emozioni inconsce nascoste dietro al sintomo, che in molti casi sono rappresentate da particolari esperienze di vita o dall’interiorizzazione di uno stile di attaccamento insicuro che trova espressione attraverso pensieri e comportamenti di natura diversa come quelli sopra citati. Parallelamente la psicoterapia può aiutare il paziente a riscoprire strumenti alternativi per la corretta gestione delle proprie emozioni e dei vissuti che generano ansia, rifocalizzando l’attenzione sui propri stati interiori ed estinguendo gradualmente la tipica tendenza allo spostamento su oggetti esterni.
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